Programmazione partecipata: i progetti durano il doppio e riducono gli sprechi di risorse

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A Torino un importante incontro sulla programmazione territoriale promosso da IUSE, Consiglio Regionale del Piemonte, Consulta Regionale e Università di Torino

La programmazione territoriale partecipata raddoppia la durata dei progetti rispetto ai modelli tradizionali, ma richiede un cambio culturale radicale. Questo è quanto è emerso dall’evento “Applicazione dei processi di governance partecipata sul territorio”, organizzato dall’Istituto Universitario di Studi Europei (IUSE) in collaborazione con il Consiglio Regionale del Piemonte, la Consulta Regionale Europea e l’Università di Torino.

L’evento ha offerto un confronto tra amministratori pubblici ed esperti, evidenziando come coinvolgere attivamente cittadini e stakeholder sia la chiave per costruire progetti condivisi e duraturi, valorizzando le risorse territoriali con una visione di lungo termine.

La sfida della governance partecipata

Durante il workshop è emerso un dato significativo: i progetti partecipati (bottom-up) hanno una durata media di 8 anni, contro i 4 anni dei modelli tradizionali (top-down), riducendo lo spreco di risorse ed aumentando l’efficacia dell’intervento.

Tuttavia, questo approccio richiede una cultura del dialogo e una programmazione che parta dalle esigenze reali delle comunità. Come evidenziato da Piercarlo Rossi, presidente dello IUSE: “Il futuro dei nostri territori passa attraverso una visione di lungo termine. La programmazione territoriale partecipata è il mezzo per trasformare il dialogo tra istituzioni, cittadini e imprese in azioni concrete che generino valore e sostenibilità nel tempo ed è ciò che il nostro Istituto porta avanti da anni con il suo European Impact Office, l’unità strategica focalizzata sullo sviluppo sostenibile dei territori. Attraverso strumenti avanzati di misurazione e modelli analitici, aiutiamo le comunità a valorizzare le loro risorse chiave e a massimizzare l’impatto delle iniziative, garantendo trasparenza e riduzione degli sprechi.”

Dai dati alla pratica: esperienze concrete

Non sono mancate le testimonianze di due realtà che hanno fatto dell’ascolto il pilastro del proprio sviluppo: il GAL Escartons e Valli Valdesi, che ha coinvolto i cittadini partendo dai bar locali per raccogliere le reali necessità del territorio e redigere la nuova strategia di sviluppo locale, e il Comune di Borgomanero che ha costruito percorsi di capacity building affidandosi al metodo Urbact.

Il valore dei dati e della visione strategica

Un altro tema centrale emerso è quello della necessità di mappare i bisogni e misurare l’impatto delle iniziative. L’European Impact Office dello IUSE ha sottolineato come la programmazione debba basarsi su dati condivisi e strumenti di monitoraggio efficaci, per garantire trasparenza e successo a lungo termine. “Non basta adattare progetti ai singoli bandi,” è stato sottolineato, “occorre progettare prima e trovare i bandi adatti alle esigenze del territorio.”

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